Edwige Comoy-Fusaro, Poliorama. Le immagini di Carlo Dossi
Edwige Comoy Fusaro, Poliorama. Le immagini di Carlo Dossi, Neuville sur Saône, Chemins de traverse, 2015.
In questo denso saggio, Edwige Comoy Fusaro esamina tutto il corpus dello scrittore Carlo Alberto Dossi – dalle opere « quasi autobiografiche », come L’altrieri o La vita di Alberto Pisani, alle opere satiriche come la Desinenza in A, alle Gocce d’inchiostro – attraverso il prisma delle immagini. La studiosa si allontana dalla maggior parte degli studiosi dell’autore lombardo, che condividono la tesi secondo la quale la scrittura di Dossi presenta una dimensione essenzialmente critica e pessimistica, sprovvista di una pars construens. Aderendo alla linea interpretativa inaugurata da Dante Isella, Comoy Fusaro mostra invece come questa dimensione costruttiva esista e si possa saggiare analizzando le immagini dossiane, che costituiscono un punto di vista privilegiato per mettere in evidenza gli aspetti edonistici dell’autore.
La studiosa osserva infatti come la tendenza alla figurazione costituisca una caratteristica precipua della scrittura dossiana, e s’interessa alle immagini, intendendo per immagini « qualsiasi segno testuale che si presenti nella mente del lettore sotto forma iconica: immagini mentali, immagini “da leggere”, “da vedere”, “da dire” » (p. 29). Per effettuare la sua dimostrazione, conduce una fine analisi testuale, senza però rinunciare, quando necessario, a ricollegare i fenomeni testuali con il contesto, per sottolineare i debiti o l’originalià dello scrittore lombardo rispetto alla temperie culturale e epistemologica del suo coevo.
In un primo capitolo, Comoy Fusaro, descrive le « caratteristiche figurative dell’immaginazione di Dossi » (p 41), e mostra come il processo immaginativo presenti una forte originalità poiché non corrisponde al modello associazionista teorizzato dagli scienziati coevi ma risulta invece una costruzione personale e soggettiva. In un secondo tempo, sottolinea come le immagini abbiano un forte valore retorico e persuasivo : il discorso e l’argomentazione procedono in maniera non concettuale ma iconica. In questo modo, la scrittura richiede una forte partecipazione del lettore, chiamato ad estrapolare il valore semantico delle immagini per coglierne il valore argomentativo, ma permette anche di esprimere idee trasgressive nel rispetto della convenienza, cosa che non sarebbe possibile se fossero espresse in maniera diretta attraverso un’argomentazione logica. Da qui la carica anticonformista, non solo stilistica, ma anche idelogica, della scrittura.
Dopo aver mostrato quali sono le caratteristiche generali del processo immaginativo dossiano, Comoy Fusaro fornisce una tipologia delle immagini dossiane più rilevanti, organizzate secondo le funzioni che svolgono all’interno del testo. Queste funzioni corrispondono a tre operazioni fondamentali : lo svelamento, l’immaginazione e la ricreazione, a ciascuna della quali viene dedicato un capitolo accuratamente dettagliato.
Nel secondo capitolo, intitolato « Svelare, rivelare, velare », la ricercatrice si sofferma sulle immagini dello svelamento, che appaiono come uno strumento di predilezione per condurre un’operazione satirica. Queste immagini possono essere incentrate da un lato sul denudamento – quando l’autore vuole portare alla luce vizi umani inconfessati e inconfessabili o motivazioni primarie – e s’incarnano spesso in immagini alimentari e bestiali. Dall’altro rimandano alle figure del velo e dell’occultamento, quando l’oggetto della denuncia sono piuttosto le apparenze ingannevoli : le immagini sono in questo caso destinate a mettere in scena la vernice fasulla delle convenzioni e dei comportamenti sociali. Se in questo capitolo, le immagini sono subordinate alla tendenza distruttiva e corrosiva della scrittura dossiana, negli altri capitoli invece rimandano alla forza costruttiva ed edonistica che è al cuore della scrittura dossiana.
Nel terzo capitolo, intitolato « Immaginare in corpore e in domo », Comoy Fusaro sottolinea la centralità delle immagini della casa e del cibo, che danno vita ad un universo in cui si celebra la corporeità, la materia. Anche questa predilezione rimanda all’anticonformismo letterario e ideologico dossiano. Da un lato, l’autore recupera il registro basso, talvolta volgare, e riabilita una dimensione trascurata dalla letteratura contemporanea ; dall’altro celebra i valori euforici della corporeità e della materialità che, nell’ideologia coeva, sono opposti drasticamente ad una dimensione ideale.
Nel quarto capitolo, « Ricordare, ricreare, mitizzare », Comoy Fusaro si sofferma sulle immagini legate all’infanzia, le quali, essendo legate alle figurazioni relative alla casa e al cibo (in particolare ai dolci), contribuiscono a creare un sistema di immagini coerenti. L’infanzia, trasfigurata e non semplicemente riprodotta dalla scrittura, diventa uno spazio di libertà e di positività in cui i desideri si possono dispiegare pienamente e che si oppone alla realtà che costituisce invece un campo irto di ostacoli e di fallimenti per l’adulto. Legato all’infanzia è anche il tema della teatralizzazione. Da un lato, esso prolunga l’operazione critica e satirica di svelamento, ma dall’altro, quando è associato all’infanzia, assume una connotazione positiva e ludica, poiché trasforma l’autore in un demiurgo onnipotente, capace di manipolare la materia e di ricreare un mondo. Secondo Comoy Fusaro, questo rifugio nell’infanzia e nei copioni immaginari di un teatro interiore, non è fuga dalla realtà : si tratta piuttosto di una « scrittura regressiva sperimentale » (p. 300), in cui l’autore rielabora le emozioni, i fallimenti e le esperienze della realtà per tornare a confrontarsi con essa : « L’universo alternativo conserva un rapporto problematico con la realtà: si costruisce contro la vita reale ma anche per essa e attraverso essa. Abbiamo osservato che i molteplici ostacoli all’espressione dei desideri del soggetto sono compensati dalla virtù consolatrice e dalla funzione sperimentale della letteratura: la quale funge da setaccio ovvero da camera di decompressione finalizzata all’assimilazione delle esperienze vissute e alla preparazione del ritorno alla realtà. Il ripiegamento nell’universo libresco va cioè di pari passo con un desiderio di agire sulla realtà » (p. 235).
L’infanzia, con le immagini della casa (che rimanda alle origini) e del cibo (che rinvia alla materialità) diventa così espressione di valori alternativi, l’autenticità e la sincerità, che rappresentano il polo positivo dell’immaginario dossiano.
Questa poetica fondata sulla figuratività finisce per costruire un linguaggio particolarissimo, idiosincratico, personalissimo. Ma questa lingua, al limite dell’oscurità, come riconosce l’autore stesso, secondo Comoy Fusaro, non è compiacimento narcisistico e autistico. Al contrario, l’autore cerca di ricreare un idioletto familiare per creare un’intimità più profonda con il suo lettore, conformemente a questa poetica del concreto e del domestico che si esprime attraverso il sistema di immagini ricorrenti.
Edwige Comoy Fusaro si concentra allora sulla specificità iconica della scrittura dossiana analizzando le immagini più ricorrenti e rappresentative di una tendenza euforica che non è stata debitamente colta dalla critica precedente. L’analisi della studiosa è tuttavia ancora più sottile, poiché, nella sua dimostrazione, sottolinea come queste immagini partecipino di una poetica polisemica : queste immagini, infatti, sono spesso ambivalenti. È il caso delle immagini legate al cibo. Da un lato, queste ultime possono essere corrosive e distruttive, quando servono a mettere in evidenza l’aspetto primario e primitivo dei comportamenti o della psicologia di individui, di gruppi sociali o dell’umanità in quanto tale. Dall’altro, rappresentano un desiderio di riaccostarsi ad una dimensione originale e primigenia, quando, ad esempio, sono collegate all’infanzia. È anche il caso delle immagini legate al teatro, usate ora come strumento spietato di svelamento e denuncia di falsità sociali, ora come spazio di libertà riservato all’autore demiurgo che ritrova il piacere dell’onnipotenza ludica infantile.
Da questo saggio emerge in fin dei conti la pregnante « materialità » della scrittura dossiana. Non solo l’autore attinge alle immagini (che quindi hanno una funzione non solo narrativa ma anche e soprattutto concettuale) piuttosto che all’enunciazione e all’argomentazione astratta, ma le immagini privilegiate sono di natura concreta, pertengono alla sfera domestica, del corpo, del cibo o dell’infanzia.
Questo saggio porta un contributo originale nel quadro della critica dossiana poiché permette di osservare attraverso un’ottica nuova la scrittura dello scrittore, a lungo considerata solipsistica, pessimistica e narcisistica. Comoy Fusaro mostra invece, attraverso il prisma inedito delle immagini, come questa scrittura, certo esigente e idiosincratica, sia in realtà una scrittura accogliente, poiché invita il lettore ad immergersi in un ambiente domestico e rassicurante, caratterizzato da un idioletto familiare tipico del mondo dell’infanzia. Inoltre, vi si possono rintracciare una pulsione edonistica e delle proposte di valori euforici e costruttivi come la sincerità e l’autenticità. Infine, la regressione apparente nel sogno, nell’infanzia e in un mondo immaginario teatralizzato non è un alimento al narcisismo dell’autore, ma una risposta alle « avversità della vita » : dalla vita e dal materiale esperienziale trae alimento per poi ritornare a confrontarsi con essi.
Michela Toppano
Aix-Marseille-Université
Édwige Comoy Fusaro, Poliorama. Le immagini di Carlo Dossi, Neuville sur Saône, Chemins de traverse, 2015.
Dans cet essai dense, Édwige Comoy Fusaro examine tout le corpus de l’écrivain Carlo Alberto Rossi – depuis les œuvres « presque autobiographiques », comme Avant-hier ou La vie d’Alberto Pisani, jusqu’aux œuvres satiriques comme La Désinence en A, aux Gouttes d’encre – à travers le prisme des images. Cette chercheuse s’éloigne de la majeure partie des spécialistes de l’auteur, qui partagent la thèse commune selon laquelle l’écriture de Dossi présente une dimension essentiellement critique et pessimiste, dépourvue d’une pars construens. En adhérent à la lignée interprétative inaugurée par Dante Isella, Édwige Comoy Fusaro cherche en revanche à montrer de quelle manière cette dimension constructive existe et peut être étudiée en analysant les images dossiennes, qui constituent un point de vue privilégié pour mettre en évidence les aspects hédonistes de l’écrivain lombard.
Mme Comoy-Fusaro observe en effet de quelle manière la tendance à la figuration constitue une caractéristique première dans l’écriture dossienne et s’intéresse aux images, en entendant par images « tout signe textuel qui se présente dans l’esprit du lecteur sous forme iconique : images mentales, images “à lire”, “à voir”, “à dire” » (p.29). Pour sa démonstration, elle conduit une fine analyse textuelle, sans pour autant renoncer, lorsque cela est nécessaire, à relier les phénomènes textuels avec leur contexte, pour souligner les défauts ou l’originalité de l’écrivain lombard par rapport au climat culturel et épistémologique de ses contemporains.
Dans un premier chapitre, Mme Comoy Fusaro, décrit les « caractéristiques figuratives de l’imagination de Dossi » (p.41). Dans un premier temps, elle démontre la présence d’une forte originalité dans le procédé imaginatif de Dossi, dès lors qu’il ne correspond pas au modèle associationniste théorisé par les scientifiques contemporains mais qu’il résulte, en revanche, d’une construction personnelle et subjective. Dans un second temps, elle souligne la forte valeur rhétorique et persuasive des images : chez Dossi le discours et l’argumentation procèdent non pas de manière conceptuelle mais de manière iconique. De cette façon, l’écriture requiert une forte participation du lecteur, appelé à extrapoler la valeur sémantique des images pour en extraire la valeur argumentative, mais permet aussi d’exprimer des idées transgressives dans le respect de la convenance, chose qui ne serait pas possible si elles étaient exprimées de manière directe à travers une argumentation logique. D’où la charge anticonformiste, non seulement stylistique mais aussi idéologique, de l’écriture.
Après avoir démontré les caractéristiques générales du procédé imaginatif dossien, Mme Comoy Fusaro fournit une typologie des images dossiennes les plus pertinentes, organisées selon leurs fonctions dans le texte. Ces fonctions correspondent à trois opérations fondamentales : le dévoilement, l’imagination et la recréation, qui se voient chacune attribuées un chapitre soigneusement détaillé.
Dans le second chapitre, intitulé « Dévoiler, révéler, voiler », la chercheuse se penche sur les images du dévoilement, qui apparaissent comme un instrument de prédilection pour conduire une opération satirique. Ces images peuvent s’articuler d’une part sur le dénudement – quand l’auteur veut mettre en évidence des vices humains non confessés et inconfessables ou des motivations primaires – et elles s’incarnent souvent en images alimentaires et bestiales. D’autre part elles renvoient aux figures du voile et de l’occultation, lorsque l’objet de la démonstration tend plutôt à dénoncer les apparences trompeuses : les images sont dans ce cas destinées à mettre en scène le vernis superficiel des conventions et des comportements sociaux. Si, dans ce chapitre, les images sont subordonnées à la tendance destructrice et corrosive de l’écriture dossienne, dans les autres chapitres en revanche elles renvoient à la force constructive et hédoniste qui est au cœur de l’écriture dossienne.
Dans le troisième chapitre, intitulé « Imaginer in corpore et in domo », Édwige Comoy Fusaro souligne la centralité des images de la maison et de la nourriture, qui donnent vie à un univers où est célébrée la corporéité, la matière. Cette prédilection renvoie également à l’anticonformisme littéraire et idéologique dossien. D’une part, l’auteur récupère le registre bas, parfois vulgaire, et réhabilite une dimension négligée par la littérature contemporaine ; d’autre part il célèbre les valeurs euphoriques de la corporéité et de la matérialité qui, dans l’idéologie contemporaine, sont drastiquement opposées à une dimension idéale.
Dans le quatrième chapitre, intitulé « Se souvenir, recréer, mythifier », Mme Comoy Fusaro se penche sur les images liées à l’enfance, qui, étant liées aux figurations relatives à la maison et à la nourriture (en particulier aux desserts), contribuent à créer un système d’images cohérentes. L’enfance, transfigurée et non pas simplement reproduite par l’écriture, devient un espace de liberté et de positivité où les désirs peuvent pleinement se déployer et qui s’oppose à la réalité qui constitue un chemin parsemé d’obstacles et d’échecs pour l’adulte. Le thème de la théâtralisation est lui aussi lié à l’enfance. D’une part, il prolonge l’opération critique et satirique du dévoilement et de l’autre, quand il est associé à l’enfance, il assume une connotation positive et ludique, puisqu’il transforme l’auteur en démiurge omnipotent, capable de manipuler la matière et de recréer un monde. Selon Mme Comoy Fusaro, ce refuge dans l’enfance et dans les composantes imaginaires d’un théâtre intérieur ne constitue pas une fuite de la réalité : il s’agit plutôt d’une « écriture régressive expérimentale » (p.300), où l’auteur réélabore les émotions, les échecs et les expériences de la réalité pour pouvoir se confronter à celle-ci : « L’univers alternatif conserve un rapport problématique avec la réalité : il se construit contre la vie réelle mais aussi pour elle et à travers elle. Nous avons observé que les multiples obstacles à l’expression des désirs du sujet sont compensés par la vertu consolatrice et par la fonction expérimentale de la littérature : celle-ci fait office de tamis plus que de chambre de recompression destinée à l’assimilation des expérience vécues et à la préparation du retour à la réalité. Le repli livresque va donc de pair avec un désir d’agir sur la réalité » (p.235)
L’enfance, avec les images de la maison (qui renvoie aux origines) et de la nourriture (qui renvoie à la matérialité) devient ainsi l’expression de valeurs alternatives, l’authenticité et la sincérité, qui représentent le pôle positif de l’imaginaire dossien.
Cette poétique fondée sur la figurativité finit par construire un langage très particulier, idiosyncratique, très personnel. Mais selon Mme Comoy Fusaro, cette langue, à la limite de l’obscurité, comme le reconnaît l’auteur lui-même, ne relève pas de la complaisance narcissique et autistique. Au contraire, l’auteur cherche à recréer un idiolecte familier pour créer une intimité plus profonde avec son lecteur, conformément à cette poétique du concret et du domestique qui s’exprime à travers le système d’images récurrentes.
Au fil de son parcours, Edwige Comoy Fusaro se concentre donc sur la spécificité iconique de l’écriture dossienne en répertoriant et en analysant les images les plus récurrentes et les plus représentatives d’une tendance euphorique qui n’a pas été dûment accueillie par les précédentes critiques. Mais l’analyse de la chercheuse est encore plus subtile, puisqu’au cours de sa démonstration, elle souligne la façon dont ces images participent d’une poétique polysémique : ces images, en effet, son souvent ambivalentes. C’est le cas notamment des images liées à la nourriture. D’une part, ces dernières peuvent être corrosives et destructrices, quand elles servent à mettre en évidence l’aspect primaire et primitif des comportements ou de la psychologie d’individus, de groupes sociaux ou de l’humanité en tant que telle. D’autre part, elles représentent un désir de retourner à une dimension originelle et première quand, par exemple, elles sont liées à l’enfance. C’est également le cas des images liées au théâtre, utilisées de nos jours comme instrument cruel de dévoilement et de dénonciation des apparences sociales, comme espace de liberté réservé à l’auteur démiurge qui retrouve le plaisir de l’omnipotence ludique infantile.
De cette thèse émerge en fin de compte la prégnante « matérialité » de l’écriture dossienne. Non seulement l’auteur puise dans les images (qui ont ainsi une fonction non seulement narrative mais surtout conceptuelle) plutôt que dans l’énonciation et l’argumentation abstraite, mais les images privilégiées sont de nature concrète, elles s’articulent autour de la sphère domestique, du corps, de la nourriture ou de l’enfance.
Cet ouvrage apporte une contribution originale dans le domaine de la critique dossienne puisqu’elle permet d’observer à travers une nouvelle optique l’écriture de l’auteur, longtemps considérée comme solipsiste, pessimiste et narcissique. Mme Comoy Fusaro démontre en revanche, à travers le prisme inédit des images, que cette écriture, bien qu’exigeante et idiosyncratique, est en réalité une écriture accueillante, en ce qu’elle invite le lecteur à s’immerger dans un environnement domestique et rassurant, caractérisé par l’idiolecte familier typique du monde de l’enfance. En outre, on peut retrouver une pulsion hédoniste et des propositions de valeurs euphoriques et constructives comme la sincérité et l’authenticité. Enfin, la régression apparente dans le sommeil, dans l’enfance et dans un monde imaginaire théâtralisé ne sert pas à alimenter le narcissisme de l’auteur, mais constitue une réponse à « l’adversité de la vie » : il tire parti de la vie et du matériel empirique pour pouvoir ensuite s’y confronter.
Traduction de
Stella Di Folco